Mah

“Oh aspetta, l’hai visto quello lì?”
“Cosa? Chi, quello col cane?”
“M’abitava accanto, è un tipo assurdo. C’ha una storia incredibile…”
“Guarda, m’hai fatto venire in mente. Ieri fuori dalla facoltà, ero sul gradino dalla parte di là della strada. Guardavo un tipo davanti al portone che se la rideva con un gruppetto di gente amica sua e poi sento ridacchiare uno seduto accanto a me. Allora per due secondi netti mi sono detto: ma è possibile che tutti c’abbiano da ridere. [Poi senti, gli dico, non è che ti puoi mettere a ridere così a caso, senza collegamenti con il discorso e senza preoccuparti che gli altri prima o dopo capiscano il perché di tutta st’allegria, perché poi ti pigliano per matto. Che ti ridi te?, gli ho detto. E questo mi fa: nulla, pensavo a una cosa. E che pensavi? Mah, una storia di due tipi vicino a casa mia, ma via lascia perdere. No, come lascia perdere, ora me lo dici, gli faccio, sennò mi lasci così, nel dubbio. Mah niente, praticamente lì dalle parti mie, un tipo ha sparato a un altro, tempo fa, per questioni… vabbè dai, niente.
Ma come niente, parla! Mah nulla via, è roba vecchia, e non ne voglio parlare via. Dai, ora non mi puoi lasciare così a metà: chi ha sparato, perché gli ha sparato? Mah guarda, te l’ho detto, è una storia particolare, questo qui è una bravissima persona eh, poi è roba di parecchio tempo fa.
Ma che è successo, si può sapere? Via, non mi fa parlare, poi senti non mi piace che si sappiano ste cose, mi fa. Guarda io non so nulla, so solo che riguarda sti due tizi, non so mica chi sono, non è che possa andare in giro a ridire le cose, via, che è successo? Praticamente a questo qui gli facevano dei dispetti, continuamente, e lui poi se l’è presa. Ma dispetti di che tipo? Guarda gli facevano un po’ di tutto, gli andavano a tirare la roba, poi gli spengevano la luce mentre mangiava. Aspetta, che vuol dire gli spengevano la luce: ora che s’ammazza uno perché ti fa i dispetti?] Poi questo s’è rimesso a ridere, abbassando il mento e tirando su le sopracciglia, mezzo nevrastenico come a volersi mordere la lingua.
Lì mi si sono cominciate a accendere le lampadine. [Eh lo so, ma si fa presto a dire, era una situazione strana, mi dice].
Allora riparto, stavolta più frenato: [via, spiegami, io non so nulla eh, se mi dici le cose a metà, come faccio a sapere]. Cercavo d’essere prudente, qualcosa m’aveva fatto scattare l’allarme, e ora mi interessava tutto ancora di più, in realtà. [Praticamente questo qui, mi fa, aveva perso la pazienza e gli ha sparato. Va bene, ma perché? Che gli avevano fatto, ancora non ho capito. Se la rideva e continuava: guarda lui e il su fratello, lo si tormentava guarda, una volta s’era montati sull’albero delle pere e gli si faceva, gli facevano la guerra delle pere, gliele tiravano in casa, di tutto guarda, gli si faceva di tutto, cioè, lui e il su fratello insomma. Ho capito, e poi insomma? E poi nulla, questo perse la pazienza e gli sparò, ma aveva ragione eh, io sono dell’idea che non gli dovevano andare a rompere i coglioni, almeno io la penso così, insomma, poi questo è una bravissima persona, non gli dovevano andare a rompere i coglioni. Poi è una storia strana, non è che sia il caso, voglio dire, poi non mi fa piacere che si sappia, ecco, vabbè].
A questo più volte gli era scappato il ‘noi’, il ‘ci’, cioè lui c’entrava direttamente, e parlava del su fratello, e non ho capito poi se al su fratello gli avevano sparato o se era stato lui a sparare, perché da quel che diceva non si capiva, voglio dire, continuava a dire che lo sparatore era una bravissima persona, che aveva ragione secondo lui e che non gli dovevano rompere i coglioni, che c’avevano a pensare prima, e lo diceva con una sicurezza e una velocità tutta sua, come se non ci credesse più di tanto alla brutalità che stava dicendo, ma più come se si sentisse in dovere quasi come per spirito di corpo, per senso d’appartenenza, di proteggere il nome di qualcuno, anche magari facendo propria la giustificazione di un qualcosa che aveva fatto questo qualcun altro. Fatto sta che questo sta a due metri da un omicidio e io non sapevo nulla, e me l’ha detto ridendo, isterico ma ridendo, e lì per lì m’è venuto da pensare se questo qui si trovasse a dover raccontare cazzate in un tribunale quanto pochissimo ci metterebbero a scoprirlo, visto che in due discorsi già m’aveva fatto capire che c’entrava il su fratello, e quanti modi c’aveva per non farmi capire nulla di chi erano questi due tipi, bastava che mi dicesse: guarda, m’è venuta in mente questa storia, che m’ha raccontato quel tizio al bar, di questi due, amici suoi, vai a sapere dove abitano e chi sono, e dice che uno ha sparato a quell’altro, e via. Non so, non ti fa strano?
Io ci sono rimasto un botto di tempo a pensare, sia per sta cosa dello sparatore che non si capisce chi è, poi per il fatto che questo ci rideva e per di più non era riuscito a sviare per due secondi, tanto che era preso dalla questione e dalla velocità senza filtro del filo diretto tra la bocca e il cervello.
Poi, seduto dall’altra parte, c’era un altro tipo amico mio, che mi sentiva fumare e se ne strafotteva, stava lì con la testa buttata fra le ginocchia e non ha sentito nulla, cioè dopo quei cinque minuti assurdi, finita la sigaretta questo s’è rialzato e non aveva capito nulla, e ancora non sa nulla, e di certo a me me ne frega anche il giusto di andarglielo a dire, insomma, però il punto è che comunque nessuno di chi lo conosce sa sta storia, e io la so per caso solo perché lì per lì avevo voglia di ragionare, tanto per distrarmi un po’, e l’avevo fatto venire a sedere accanto a me per una volta, perché sto qui è uno che quando attacca bottone non la smette mai e di solito c’è da stare attentissimi a mettercisi a discorrere, e avevo voluto sapere a tutti i costi perché s’era messo a ridere. Poi vabbè, te non lo conosci questo qui, quindi insomma magari te ne freghi, però ecco, m’ha fatto strano. Tanto di più perché uno aveva sparato a quell’altro perché gli lanciava le pere in casa e gli spengeva la luce a tavola mentre mangiava. Che ti devo dire, m’ha fatto strano, un po’, ecco.”

“E poi?”
“Poi nulla, ci siamo alzati e siamo tornati dentro, che avevano messo pure il tavolino col vino e le valdostane.”
“C’avete fatto proprio l’aperitivo?”
“Eh sì, tra l’altro dovevi venire eh, tutto improvvisato ma c’era da ridere. Ma poi il tizio col cane che aveva fatto?”
“Nulla, tifa la Juventus tra l’altro, ne parlavo ieri con una che c’era rimasta male perché gli aveva visto tirare una palla di ferro grossa come un’arancia addosso al cane, come per farlo giocare e tra un po’ lo schianta, pare un giorno abbia ammazzato la moglie a martellate in casa sua a Livorno, va sempre a giro tutto storto col cane, lo conoscono tutti ma non parla mai con nessuno.”
“Mah, la gente è strana”
“Guarda, lascia stare…”
“Mah”.

peramah b-n

[insidiato]

E poi capita anche
il mentolo
delle sigarette da qualche
bar nella testa.
dove continua piatta
piatta
e carceriera
la frenesia di una serata silenziosa.
raccapricciante e umida
sotto al davanzale
fuori nel mondo
freddo
della tua prospettiva negli altri.
e capita anche quando
di colpo
una colpa
ti mangia dentro.
e nudo ti alzi e
osservi
tutti che ti guardano
lì fuori
nel mondo delle rette vie
lungimiranti
scintillanti dolcissimo
succo di buona fede
e adeguatezza.
un secondo: tu guardi
e stai a guardare
mentre ti cola
il miele viscido sugli stinchi
e l’unica parola
è sapore di fango
per il tuo quadro che non si
riempie mai
lo guardi e squallido non si riempie e lo vedi
provare disperato a parlarti
a convincere te
disorientato
delle tue introvabili
[canaglie inviperite]
qualità.
che stavolta pure
si rassegnano e
lasciano fare
al rumore di contrazioni
spontanee
delle solite ossa che si fanno aria
nell’aria.
per il sacro che non ti meriti
ma che t’aspetta
a mezz’altezza
equidistante.
senza motivo
ti insegue pure lì
dove non vuoi stare.
nella distanza di un’ambiguità
soffocante
e carceriera.
ma ti insegue
chiuso tra due
fuochi
e te ne fai schifo.
tutto intorno
il dolciume
[appiccica]
sui denti che ti servono.
che ti piacciono ancora
anche a mezz’altezza
dove ti vedi e ti riconosci
mai del tutto
morto per miracolo.
e la testa
è immagine di altri
nella voce di un distacco
che ti vede e si scansa
rivoltando immagini nuove
di te che ti sfotti
da fuori.
fiacco sputo di febbre
disperso
voga sulla gelatina
sfiancante
di parole come di giornale
dette da altri fuori
che ti sparlano dentro.
ma te che ne sai?
è per l’equilibrio, è un problema d’equilibrio
come quando ti sembra uno zoom
quello che ti fanno gli occhi.
o come quando
bambino
non sai dirlo e ci provi
a spiegare che è da
qualche tempo
ormai
che a volte sogni in
due dimensioni, senza
profondità
e te che ne sai, comunque
parli.
prego, ci mancherebbe.
tanto al coperto
a prova di vermi
e coi concerti degli amici da compagnia
quando torna il mentolo
malinconico si disperde lungo il
ghigno
da fotografia ingiallita della tua
[cresciuta storta]
parte di sopra.
eccitante
storta e conturbante se ne va
ah: sì.
per i cazzi suoi.
[si accomodi, faccia pure]
tanto al coperto
annusi fino all’ultimo spiraglio
e l’occhio a mezz’asta diventa
turgido
d’intenzioni migliori di voi.
di nuove prospettive lontane dalle vostre
ma di certo amare, e ancora più
amare e poi attentissime
sottovoce le senti remare
insistenti come forza d’esercito
[te l’aveva detto]
contro la tua stabilità.
pur sempre lei
pur sempre ti tiene
sicuro inchiodato tra una luce e una viscosità
che ti sbrana di un fascino
gelido di sangue.
prima di prendere il peggio da uno dei te.
che in una vita
esasperato insolito stop
ha fatto solo danni mentre voleva
perdutamente
[così, ancora]
essere danneggiato.
[ti prego, ti pago: insidiato]
e come per dispetto ti ritrovi lì
col silenzio isterico che sbraita, affanna
e ti si fa tagliola in gola.
seppur forse
in punta di felicità, isterico
comunque equidistante e
non hai sonno
non hai fame
non hai voglia
non hai crepe
né attaccamenti
e ti piace
lo schifo
di un distacco ancora
mentre il bicchiere
per una nuova prima
volta
gode e ti chiama
mamma.

fumolettoscura

Malabitùdini: Sete nel mondo

Ogni tanto capita di leggere anche cose interessanti.
Per esempio, ogni uomo espelle in media cinquantatre litri di sperma nel corso della vita, grazie a un totale di settemiladuecento eiaculazioni, di cui duemila solo di masturbazione. Ora, essendo un calcolo medio, sarebbe curioso conoscerne gli estremi statistici, vale a dire per esempio i quattro maggiori produttori. E visto che i quattro minori saranno stabili verso lo zero, i quattro maggiori quantomeno sui cento, ma considerando tutta la quantità di preti e simili, che teoricamente non dovrebbero avere niente a che fare con gettiti di sorta, può darsi benissimo che i maggiori arrivino anche a quote intorno ai 300/400 litri, o forse anche di più.

Ad ogni modo, già la cifra media di per se è significativa: basti pensare che sarebbe sufficiente a riempire una mezza vasca da bagno, oppure a farsi una doccia ininterrotta di tre minuti e mezzo. Facendo i conti, se con 7200 eiaculazioni totali si produce un quantitativo di 53 litri, sappiamo che 14,72 di quei litri sono da soli il risultato delle 2000 eiaculazioni a testa dovute all’autoerotismo.
Potrebbe sembrare un numero riduttivo e non universalmente rappresentativo della frequenza masturbatoria, ma rimettiamoci fedelmente ai numeri e limitiamoci alle statistiche scientificamente dimostrate: sorge comunque spontaneo come il presentimento di un grande spreco.

Facciamo qualche conto.
Riconoscendo come ormai sia diventata abitudine comune e generalizzata l’atto del pulirsi, dopo l’autoinflizione del gesto erotico, con dei fazzolettini di carta usa e getta, e considerando che in media un’eiaculazione si attesta intorno ai 7,5ml di prodotto seminale fuoriuscito, si potrebbe arrivare a dire che ogni getto spermatico medio equivale circa alla capacità assorbente di un singolo fazzoletto usa e getta, quattro veli standard in pura cellulosa 100%, peso medio di 20g/mq, che vale a dire circa 1g a fazzoletto.
Mettendo in croce qualche numero, per asciugare tutti i 14,72 litri di semenze dovute a una vita di masturbazioni occorrono più correttamente 1962,6 fazzoletti, poco più di 245 comuni pacchetti da 8.
Circa duemila fazzoletti totali a testa, in media.

Ma continuiamo: sapendo che un fazzoletto equivale a 0,0441mq, che 1kg di cellulosa è pari a 0,0036mᶟ di legno estraibile da un albero e che da un comune pino di medie dimensioni e altezza 15m si ricava 1mᶟ di legno, basta fare ancora qualche calcolo ulteriore per capire che, se mille fazzoletti, arrotondando, fanno 1kg di cellulosa, da ogni albero si possono produrre un totale di 277.777,7 fazzoletti.
Molti meno di quanto si potrebbe pensare, in realtà.
Ora, essendo precisamente 1962,6 il fabbisogno di fazzoletti pro capite medio nella vita per assorbire fino all’ultima prova del divertimento intimo di ognuno, non ci vuole molto a capire che ciascuno di noi consuma 0,007 alberi solo per asciugarsi gli attributi dopo la consueta passeggiatina sui siti sporchi di internet.

Potrebbe sembrare accettabile, ma se calcoliamo tutti i maschi in età fertile, facciamo tra i 15 e i 64 anni, nella nostra Italia, rinomata patria di allupati, si ottengono 19.596.708 masturbatori ufficiali, per un totale ben presto calcolabile di 137.176,5 pini di 15m, equivalenti a un enorme albero di circa 9 chilometri, più alto del monte Everest, oppure a una quantità di deforestazione pari a 50 volte l’intero patrimonio arboreo del Parco Nazionale dell’Abruzzo, il più antico parco del paese e ben noto a livello internazionale per il ruolo svolto nella conservazione di alcune tra le specie faunistiche locali più importanti, quali il lupo, il camoscio d’Abruzzo e l’orso bruno marsicano.
Quindi sì, oltre al grande spreco di semenza, si può dire senza tema di smentite che la masturbazione rappresenta altresì una grave minaccia per l’ambiente, ritagliandosi un ruolo di prim’ordine tra i principali nemici della Natura, amata casa madre della nostra umanità.

Ma pensiamo per un momento a come potremmo sfruttare per il meglio le infinite potenzialità di una risorsa di così vitale importanza, magari prendendo ispirazione dalla già battuta strada della semeterapia e delle sue rivoluzionarie applicazioni in campo gastroalimentare.
Considerando che ogni eiaculazione (7,5ml) contiene mediamente intorno alle 10 calorie, e ponendoci come obiettivo di qualità per il dignitoso mantenimento delle funzioni vitali un fabbisogno energetico giornaliero minimo di 500Kcal per ogni essere umano, non ci vuole molto per capire che se anche la sola popolazione maschile, compresa nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni, della ricca e feconda Unione Europea (vale a dire 166 milioni e 387.695 persone) fornissero sperma al terzo mondo, invece di distruggere 1.164.715,865 alberi totali, con i loro ben 2.449.226.870,4 -duemiliardi449milionie226mila870,4- litri di sperma estrapolato in solitudine, si sfamerebbe un totale di addirittura 6.531.271,6 persone.

Sei milioni e mezzo di persone, praticamente il numero di ebrei uccisi dai nazisti, che invece, a 70 anni dalla fine della guerra, continuano a morire nella loro shoah silenziosa, al riparo da occhi, orecchie e coscienze dei tanto avanzati e ingordi popoli europei; il tutto mentre 3,1 milioni di bambini sotto i cinque anni muoiono ogni anno per disfunzioni legate a fame e malnutrizione, per di più insieme a 1.164.713,865 alberi, solo perché nei salotti del primo mondo turbocapitalista globalizzato, dopo la miseria di qualche filmino stuzzicante, non c’è spazio per nessun occhio di riguardo né per l’ombra di un singolo rimorso nel fare i nostri porci comodi e poi gettare via tutto con disprezzo e noncuranza nei fazzolettini, schiavi delle nostre, squallide, cattive abitudini.